Madonna in maestà – Basilica inferiore cattedrale Santa Maria

La precoce cristianizzazione del territorio reatino e sabino, attribuita dalla tradizione a Prosdocimo seguace di San Pietro, nutrita dalla spontanea devozione per i testimoni della fede martirizzati lungo il tracciato della Salaria, giovani donne ribelli come Vittoria, Anatolia, Barbara e Giuliana, uomini impegnati nell’evangelizzazione come Marone o Vittorino, fece sì che fin dal V secolo Rieti divenisse sede della curia vescovile e sulle fondamenta di un antico tempio pagano fosse consacrata la chiesa cattedrale intitolata alla Madonna, con il titolo di Santa Maria Madre di Dio. Nulla rimane se non la memoria della basilica primitiva, abbattuta all’alba del XII per volontà del vescovo Benincasa che intraprese la costruzione della nuova cattedrale benedicendone la prima pietra il 27 aprile 1109.

Passò all’incirca mezzo secolo prima che il 1 settembre 1157 potesse essere consacrata la basilica inferiore per mano del vescovo Dodone. Corrispondente in pianta al transetto della basilica superiore, l’edificio è scandito da sedici colonne per lo più di risulta, che lo dividono in nove navatelle. Al centro, due di queste navatelle dipinte d’azzurro per fingere un cielo stellato formano una sorta di ciborio sull’altare prospiciente alla sepoltura del canonico Pietro Capelletti, protagonista della stagione della riforma cattolica seguita al Concilio di Trento.

Le pareti della basilica inferiore furono affrescate fin dal XV secolo, prima di essere decorate dal pittore Gioacchino Colantoni che agli inizi del XVII vi dipinse le Storie di San Francesco quando il vescovo francescano frate Gaspare Pasquali vi istituì la Venerabile Compagnia delle SS. Stimmate di San Francesco deputata ad assistere i moribondi ed a curare le sepolture nel butto della cattedrale.  Il riassetto della basilica inferiore curato da Angelo Sacchetti Sassetti in qualità di Regio Ispettore onorario ai monumenti durante l’episcopato di monsignor Francesco Sidoli nella seconda decade del Novecento sacrificò i dipinti di Colantoni allo scopo di restituire all’ambiente il primitivo assetto romanico.

Sacchetti Sassetti volle ad ogni modo conservare alcuni lacerti d’affresco tra i quali spicca la raffinata Madonna in trono che abbraccia teneramente il Bambino Gesù, in piedi sulle ginocchia della madre, con la sua vestina rossa ed il vezzo di corallo legato al collo, amuleto contro il male e insieme prefigurazione del sangue che dovrà essere versato per riscattare l’umanità dal peccato originale. L’anonimo autore dell’affresco è un attardato artista di provincia, ancora legato alla tradizione trecentesca ma pure non ignaro del rinnovamento stilistico del rinascimento ormai in atto.
A cura di Ileana Tozzi

2023-07-21T11:42:40+00:0021 Luglio 2023|

Condividi sui tuoi social

Torna in cima