Palazzo del Comune di Rieti

Il palazzo del Comune di Rieti, affiancato dalla bianca torre in travertino in puro stile razionalista, delimita il lato settentrionale della piazza che fin dai tempi di Roma costituì l’incrocio tra il cardo ed il decumanus ma in età medievale il Libero Comune, la cui magistratura podestarile è documentata fin dal 1198, ebbe sede presso la grande platea Leonis delimitata dai palazzi del pretore e del capitano del popolo nell’addizione dell’«allargo» intrapresa nel 1252.

Solo dopo il fallimento del progetto di insignorimento perseguito dagli Alfani tra la fine del XIV e i primi anni del XV secolo il loro palazzo fu confiscato  vi fu definitivamente trasferita la sede delle istituzioni comunali.

L’astro politico degli Alfani si era levato nel 1375, al tempo della guerra degli Otto Santi, quando Rieti rimase fedele al Papa conferendo poteri assoluti a Cecco Alfani, il quale prudentemente operò affinché al rientro di papa Gregorio XI in Italia fosse garantita alla città la reintegrazione degli antichi privilegi. Cecco Alfani seppe promuovere la fortuna dei suoi figli, il benedettino Giannandrea abate di Sant’Eleuterio, monsignor Ludovico vescovo della diocesi reatina, e Rinaldo, l’unico laico, custode della rocca di Montecalvo, strategico presidio a difesa della Val Canera.

Nel 1397, la famiglia subì un violento, proditorio attacco da parte degli oppositori al regime che uccisero il vescovo mentre si accingeva ad officiare la messa nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Cittaducale. Intanto, altri congiurati aggredirono a morte l’abate Giannandrea.

Rinaldo Alfani, scampato all’eccidio, vendicò con durezza la morte dei fratelli consolidando il proprio prestigio personale. Nominato cavaliere dal Re di Napoli Ladislao, durante la prima decade del Quattrocento Rinaldo amministrò la città con la carica di Rettore  per divenirne poi vicario al tempo di papa Martino V. Il declino della fortuna di Rinaldo Alfani fu segnato nel 1425 da una sommossa verificatasi in Val Canera: il pontefice lo destituì dal suo incarico, ed i suoi irriducibili avversari approfittarono della condizione di crisi per bandire l’intero casato.

Da allora, dunque, il centro del potere amministrativo fu ristabilito nelle proprietà degli Alfani. Il vecchio palazzetto prospiciente sulla pennina di piazza fu abbattuto negli anni Trenta del Novecento l’architetto Giuseppe Battistrada progettò e realizzò la torre civica.

Dell’antico palazzo resta la bifora tamponata nel fianco affacciato su via Pescheria, che prende il nome proprio dall’insegna in pietra, significativa memoria dell’antico mercato.

All’interno, invece, intorno alla chiostrina si sviluppa la volumetria cinquecentesca inclusa negli edifici del XVIII secolo, eretti dopo i devastanti terremoti del 1703, e del XX secolo, a loro volta costruiti dopo il terremoto del 1898.

Così nel 1752 l’architetto romano Filippo Brioni concepì l’armoniosa facciata tardobarocca mentre nel 1903 l’architetto Giuseppe Sacconi faceva prevalere l’idea di conservare gli edifici preesistenti al sisma provvedendo ad un radicale intervento di conoslidamento.

L’architetto Cesare Bazzani, d’intesa con l’ingegnere comunale Angelo Blasetti ammodernò il portico settecentesco aprendo le due arcate laterali e ideò la monumentale scala d’accesso all’aula consiliare ed alle stanze del Sindaco e della giunta.

Resta memoria del Seicento nella campana civica e negli affreschi di Vincenzo Manenti nelle sale del terzo piano, un tempo dimora del Gonfaloniere ed ora adibite a sede della sezione storico-artistica del  Museo Civico, che fanno memoria degli eventi che qui ebbero luogo nei secoli trascorsi. L’artista sabino vi realizzò, nella quarta decade del XVII secolo, l’affresco ispirato alla Madonna della Ghiara ed il fregio in cui raffigurò  sei episodi legati alla presenza dei Papi a Rieti: in ordine cronologico, la conferma del Terz’Ordine francescano da parte di papa Niccolò IV, il terremoto del 1298 e la fuga di papa Bonifacio VIII in San Domenico, l’incontro fra Gregorio IX e Federico II, la canonizzazione di San Domenico, la visita di Sisto V ai luoghi santi di Fonte Colombo, il viaggio di Clemente VIII condotto per verificare lo stato dei lavori di bonifica della piana reatina.

L’aula del Consiglio fu decorata a tempera dal pittore reatino Antonino Calcagnadoro che su un fondale a falso mosaico realizzò nel 1910 le allegorie della giustizia, delle arti, dell’agricoltura e dell’industria.   A cura di Ileana Tozzi

2023-12-01T11:35:06+00:0028 Giugno 2023|

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