Palazzo Colelli

Sorgeva e sorge ancora lungo il lato sinistro di via degli Abruzzi l’elegante dimora secentesca dei marchesi Colelli, il cui stemma gentilizio si componeva secondo l’esperto di araldica Perotti de’ Cavalli di una stella gialla campo di sopra turchino monti verdi campo bianco croce rossa.

Sulla solida facciata, impreziosita dai bugnati, coronata da un cornicione in aggetto con la gronda finemente decorata, occhieggiano le ampie finestre protette da una griglia in ferro battuto. L’austero portone cela la corte interna dal caratteristico acciottolato in pietre di fiume che conduce alla cappella privata, a cui si accede varcando il raffinato portale in pietra scolpito con fregi fitomorfi.

Non è questo l’unico segreto nascosto nella quiete austera del palazzo: nelle stanze di questa dimora dell’aristocrazia reatina tra il 25 febbraio e il 13 aprile 1849 fissò la sua residenza la bella creola Anna Maria de Jesus Ribeiro, nota ai più come Anita Garibaldi, insieme con il generale impegnato nell’impresa della Repubblica Romana.

Furono poche settimane di quiete, forse di felicità per Anita che fece giusto in tempo a mettere su a palazzo Colelli un laboratorio di sartoria per le novanta camicie rosse della Legione alloggiate nell’aula delle udienze del palazzo papale ed a concepire il figlio che mai avrebbe visto la luce, il terzo dopo Rosita e Ricciotti.

Mezzo secolo fa, nei depositi del Museo Civico era conservato ancora un vestito di Anita, di percalle a fiori minuscoli, la vita stretta, il corpetto ben modellato, la gonna un poco arricciata certo lasciato a Rieti perché la gestazione incipiente sconsigliava ad Anita il ricorso alle stecche del busto.

A primavera l’eroe dei due mondi partì con la sua sposa alla volta di Roma, dove nella calda estate le furenti battaglie combattute sul Gianicolo avrebbero costretto Giuseppe ed Anita alla fuga.

Incinta di cinque mesi, colpita dalla malaria, la sventurata non sopravvisse ma lasciò un buon ricordo tra le donne dei Pozzi e di Porta d’Arci, che continuarono a ricordare sora Annita come se fosse stata una di loro.

Quanto al marchese Colelli, una volta ristabilito il buongoverno pontificio, provvide a esentare al Gonfaloniere e al Delegato il conto piuttosto salato delle spese affrontate per l’ospitalità prestata a Giuseppe e ad Anita Garibaldi in quei due mesi cruciali del ’49.  A cura di Ileana Tozzi

2024-01-23T11:18:11+00:0011 Marzo 2022|

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