Il 28 gennaio 1928 nasceva a Rieti, in via Sant’Anna il pugile reatino Paolo Rosi. Figlio di Duilio ‘lu focaròlu’ e di Emilia Signorini, Paolo cominciò ad approcciare la noble art nella palestra di San Liberatore (con doccia di secchio d’acqua gelata finale ad ogni allenamento) per passare sotto la guida del maestro Umberto Santini. Dal 1940 visse con la famiglia nel popolare quartiere di Porta d’Arce fino alla definitiva partenza da Rieti del 1952.Esordì tra i professionisti il 18 gennaio 1951 affrontando Nicola D’Amato che battè ai punti sul ring di Albano Laziale, mentre l’8 febbraio 1951 si presentò ai reatini sconfiggendo ai punti sul quadrato allestito sul palcoscenico del Flavio Vespasiano di Rieti, Salvatore Furciniti, aggiungendo poi la vittoria contro Felice Pappacena il 5 aprile 1951 sul ring del nuovo Cinema Teatro Moderno.
Si trasferì a Genova in quello stesso anno e combattè vittoriosamente in altre sette occasioni fino all’aprile 1952, aggiungendo un memorabile ritorno a Rieti, nell’ottobre 1951, sempre al “Moderno”, dove sconfisse Giovanni Bidini ai punti in dieci riprese e subendo una sola sconfitta ai punti contro il milanese Andressi. Verso la fine dell’estate 1952 la decisione di andarsene negli Usa: il suo esordio avvenne sul prestigioso ring del Madison Square Garden di New York il 19 dicembre 1952. Paolo Rosi demolì il colored Jimmy Wilde in tre riprese: era nata la leggenda del “Bombardiere Calvo” che si consolidò con altri due micidiali ko sempre sul ring del mitico impianto newyorkese contro Jose Morell e Sonny Luciano.
Dal 1953 al 1958 combattè ventisette volte, sconfiggendo nomi prestigiosi come Johnny Gonsalves (al Madison battendolo ai punti), Johnny Busso, Bobby Scanlon ed Eddy Compo (entrambi per due volte) e la grande promessa del boxing statunitense, Frankie Ryff (fu un famoso ko al terzo round sul ring di Syracuse che ne consolidò la fama sulla stampa specializzata americana, spianandogli la strada verso la sfida mondiale); di assoluto rilievo, anche, la vittoria ai punti in 10 riprese sul quadrato californiano di Daly City contro il grande filippino Flash Elorde (poi campione del mondo dei superpiuma dal 1960 al 1967). Fu sconfitto solo da George Monroe (ai punti) e dal mitico cubano Orlando Zulueta alla St.Nicholas Arena di New York per ferita all’ottava ripresa: un segno, questo della fragilità delle arcate sopraccigliari, che ne condizionerà il prosieguo di carriera.
Raggiunse la sfida al titolo mondiale dei pesi leggeri, affrontando il 3 giugno 1959 alla Uline Arena di Washington il campione in carica, lo statunitense della Louisiana, Joe Brown, perdendo purtroppo per ferita alla nona ripresa, pur essendo in vantaggio di un punto sui cartellini dei giudici (infatti, l’arbitro Reynolds lo vedeva avanti di tre punti, per l’altro era parità assoluta, il terzo preferiva Brown di due punti): la radiocronaca del match fu trasmessa in diretta dalla Rai e tutta Rieti si era radunata alle tre di mattina del 4 giugno nella piazza di Porta d’Arce e in piazza del Comune per seguire la sfida che Rosi aveva lanciato al pugilato americano.
Cercò di risalire la china, sconfiggendo per la seconda volta ai punti Johnny Gonsalves a Oakland ma fu battuto poi a Chicago ai punti in dieci riprese da Eddie Perkins (poi campione mondiale dei superleggeri dal 1962 al 1965 e grande avversario di Duilio Loi), da Jackie Donnelly (a Buffalo sempre ai punti), da Joey Lopes (a Sacramento per ferita dopo un primo pareggio nel precedente match sempre a Sacramento) e dal portoricano Carlos Ortiz, futuro campione del mondo dei leggeri per sei anni con titolo strappato proprio a Joe Brown (al Madison Square Garden, Rosi perse ai punti, ma il fortissimo Ortiz fu messo al tappeto nel nono round); vinse, tuttavia, altri quattro incontri: la rivincita di Boston contro Jackie Donnelly (per ko alla terza ripresa), ai punti con verdetto unanime contro Len Matthews e Manuel Alvarez sempre al Madison di New York e Tommy Tibbs alla St.Nicholas Arena newyorkese. La carriera di Rosi si chiuderà il 16 giugno 1962 ancora al Madison Square Garden di New York contro il grande venezuelano Carlos Hernandez a cui rendeva ben undici anni (e al quale Sandro Lopopolo nel 1966 strapperà il mondiale dei superleggeri): fu un ko al primo round. Questo sarà l’unico vero ko subìto da Rosi.
Il suo ruolino finale parlava di 49 incontri disputati con 37 vittorie (di cui 15 per k.o.), 10 sconfitte (5 ai punti, 4 per kot a causa delle ferite, 1 per ko) e 2 pareggi (contro lo statunitense Leo Alonzo e nel primo match con Joey Lopes).Rimase negli Usa dove si sposò con la Signora Barbara ed ebbe tre figli, Emilia, Kenneth e Duilio.Tornò a Rieti per l’ultima volta nel 1997, invitato dall’Amministrazione comunale locale, guidata da Antonio Cicchetti, per partecipare alla Solenne Processione dei Ceri in onore di Sant’Antonio di Padova di cui era devotissimo e dalla quale mancava da ben quarantacinque anni.Morì a Stamford (Connecticut) il 20 gennaio 2004.Con delibera del dicembre 2015 l’Amministrazione Provinciale decise di intitolare a Paolo Rosi la Palestra di San Liberatore.
Nel maggio 2016 il Comune di Rieti deliberò di intitolare a Rosi Piazza Chiesa del Suffragio a Porta d’Arce ma la Prefettura bocciò la proposta. Una incompiuta che nulla toglie al valore indiscusso di Paolo Rosi, un fiju de Riète che sfidò la boxe americana.
A cura di Fabrizio Tomassoni