Non solo l’ottimo olio extravergine e la gustosa gastronomia che lo accompagna rendono attraente la Sabina dai tanti borghi medioevali, ma anche l’archeologia con le testimonianze tornate alla luce delle antichissime città sabine di Cures e di Eretum, quali il famoso Carro del re o principe, conosciuto in tutto il mondo, lo splendido Cippo con iscrizione in sabino arcaico del VI secolo a.C., rinvenuto nel marzo del 1982 nel torrente Farfa, e ancora il trono di terracotta rosata tornato alla luce nel 2006 ad Eretum. L’antica e importantissima Cures, situata nei pressi dell’odierna Fara in Sabina (RI), che i romani consideravano la capitale dell’intera sabina, diede i natali ai re Numa Pompilio e Anco Marzio. Cures, abitata sin dal IX secolo a.C., era certamente un punto di riferimento per tutto il popolo degli antichi Sabini. Eretum era invece situata su un colle che guardava il Tevere nei pressi dell’attuale Montelibretti.
Era una città più piccola, ma molto importante sul piano militare perché posta sul confine del territorio dei Romani, rappresentava un baluardo contro il loro espansionismo. Forse pochi sanno che la Sabina è anche una terra di cultura e di musei, che ha dedicato, per esempio, un museo alla sua maggiore ricchezza, l’olio, e ha saputo conservare con cura e valorizzare testimonianze archeologiche preromane di importanza mondiale esposte nel Museo Archeologico di Fara in Sabina, che proprio in questi giorni si rinnova e si ripresenta ai visitatori con una nuova sala dedicata alla roccaforte sabina di Eretum. Il Museo Archeologico di Fara in Sabina è ospitato nel Palazzo Brancaleoni, situato a soli 50 km a nord di Roma, in provincia di Rieti. Si tratta di un edificio del XV secolo appartenuto alla nobile famiglia Brancaleoni, che nasce dall’accorpamento di alcune strutture medievali. Proprio a Cures ed Eretum è dedicato il Museo Civico Archeologico di Fara in Sabina che raccoglie i reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici effettuati a partire dagli anni ’70. Scavi che hanno interessato nel caso di Cures l’abitato e nel caso di Eretum una necropoli, consentendo così di ricostruire aspetti importanti della vita e della cultura dei Sabini, dominatori di questo territorio a nord del Lazio dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. fino alla conquista romana avvenuta nel III secolo a.C., ovvero circa cinquecento anni dopo. “Chi non investe in cultura non investe nel futuro”.
Lo dimostra l’importante investimento di questi ultimi tempi sul Museo Archeologico di Fara in Sabina nel 2019: 106 mila euro, dei quali 35 mila messi in campo dalla Regione Lazio. Un investimento che ha permesso l’allestimento di una nuova sala museale dedicata all’antica Eretum, inaugurata sabato 6 aprile 2019 alla presenza di cittadini, autorità e di tutta la squadra che ha raggiunto questo obiettivo archeologico-culturale, che non è esagerato definire di importanza mondiale. La squadra che ha permesso questo successo è costituita innanzitutto dall’archeologo e ricercatore del CNR, Enrico Benelli, dalla direttrice del Museo, Maria Luisa Agnelli, dagli architetti che hanno progettato la nuova sala, Marilù Schiera e Alessandro Coan e naturalmente dai rappresentanti dell’amministrazione comunale. Una prima sala del Museo era stata dedicata anni fa all’antica Cures, considerata dai Romani la capitale di questo misterioso ed evoluto popolo di sacerdoti, principi e guerrieri che sono stati i Sabini. Una seconda sala ospita il Cippo di Cures, un importante frammento epigrafico del VI sec. a.C., rinvenuto casualmente nel 1982 nel fiume Farfa e che rappresenta una testimonianza unica della lingua scritta sabina. Una terza sala ospita il Trono di terracotta rosata tornato alla luce nel 2006 ad Eretum.
L’ultima sala è purtroppo vuota in attesa del ritorno da Rieti del famoso carro del principe o re sabino, ornato da 12 lamine dorate che mani abilissime di artisti, forse ciprioti o fenici, avevano sbalzato decorandole con le figure di animali veri o fantastici, dai grandi uccelli ad ali spiegate alle sfingi, dai leoni che mangiano cerbiatti alle leonesse che coccolano i loro cuccioli. Ornato anche da gioielli, tra i quali il pettorale d’oro del principe, le armi, gli scudi, le cinture e i bronzi. Questo importante Museo espone nelle teche di cristallo, che permettono di ammirare anche le pareti affrescate del palazzo, i reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici effettuati a partire dagli anni ’70. Scavi che hanno interessato nel caso di Cures l’abitato e nel caso di Eretum una necropoli, consentendo così di ricostruire aspetti importanti della vita e della cultura dei Sabini, dominatori di questo territorio a nord del Lazio, dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. fino alla conquista romana avvenuta nel III secolo a.C., ovvero circa cinquecento anni di storia. Non solo un ottimo olio e una gustosa gastronomia promuovono pertanto la Sabina, ma anche la storia e l’archeologia. La Sabina si conferma sempre più una terra a vocazione turistica, per le bellezze naturali e per l’arte, la cultura e i musei dei suoi tanti borghi medioevali. Un territorio che ha saputo dedicare un museo al silenzio e un altro alla sua maggiore ricchezza, l’olio, e che ha dimostrato di saper conservare con cura e valorizzare testimonianze archeologiche di interesse mondiale.
A cura di Giuseppe Manzo
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