Chiesa di Sant’Antonio Abate

In età medievale, gli hospitalia erano modeste strutture di accoglienza gestite per lo più da confraternite e da ordini religiosi ospedalieri, allo scopo di offrire assistenza materiale e spirituale a poveri ed ammalati.

A Rieti, così come in tutta l’Italia delle cento città nel corso dei secoli XIII e XIV furono istituite numerose di queste case deputate ad accogliere le frange marginali della popolazione e dare supporto nelle dure circostanze della malattia che preludeva alla morte, affrontata attraverso un percorso penitenziale volto al pentimento ed alla riconciliazione con Dio e con i fratelli.

La confraternita del SS.mo Sacramento istituita presso la Cattedrale, detta dei Numeranti poiché i suoi membri erano eletti proporzionalmente in rappresentanza degli abitanti nei sestieri urbani, ebbe per secoli in gestione l’ hospitale di Sant’Antonio Abate fondato presso la chiesa parrocchiale di San Leopardo da padre Niccolò del Pesce, Canonico regolare di Sant’Antonio di Vienne.

Nel 1337 fu decisa la fondazione dell’hospitale delli furfantelli, precario alloggio destinato ad accogliere i poveri e i viandanti. Dai documenti dell’epoca, risulta che l’hospitale era dotato di una cappella con campana e di un cimitero.

La presenza dell’antico ordine ospitaliere durò in città fino agli albori del XVI secolo, quando l’hospitale, che mantenne il titolo di Sant’Antonio Abate, passò sotto il controllo diretto della Compagnia dei Numeranti. Fallito il tentativo di istituire ex novo una struttura in grado di unificare l’ospedale di Santa Maria della Misericordia e l’ospedale di Sant’Antonio Abate, quest’ultimo fu ricostruito dalle fondamenta. La Visita Apostolica eseguita da monsignor Pietro Camaiani il 17 gennaio 1574 registrava le condizioni dello stabile prima della ricostruzione, compiuta con successo tra il 1611 e il 1619, anno in cui l’ospedale fu affidato ai Fatebenefreatelli.

Ma già nel 1570 i Numeranti si erano rivolti a Jacopo Barozzi da Vignola, che pochi anni prima aveva coadiuvato il cardinale Marcantonio Amulio nell’allestimento del palazzo del Seminario Diocesano, primo nell’orbe cattolico ad attuare i decreti del Concilio di Trento, affinché progettasse la nuova chiesa. E, prima della morte che lo colse a Roma il 7 luglio 1573, il valente architetto provvide a consegnare il progetto provvisorio, aggiornato e realizzato qualche decennio più tardi da Onorio Longhi.

L’elegante facciata, impreziosita dalle cornici in pietra del portale e delle nicchie, l’ordinata volumetria degli interni fecero della chiesa, consacrata nel 1620 dal vescovo Pietro Paolo Crescenzi, uno dei più apprezzati edifici sacri del tempo della Riforma Cattolica.

Così come il complesso ospedaliero, dopo l’unità d’Italia la chiesa di Sant’Antonio Abate ha seguito le sorti comuni ai beni architettonici di matrice ecclesiastica. Già nel 1861 l’ospedale e la chiesa furono incamerati dalla Congregazione di Carità, a cui seguì nel 1937 l’Ente Comunale di Assistenza e nel 1939 gli Istituti Riuniti di Ricovero.

Nel 1972, con l’attivazione del nuovo ospedale di Campoloniano, il complesso di Sant’Antonio Abate fu abbandonato ad un destino di abbandono e degrado, segnato dai guasti dei terremoti del 1997 e vandalizzato più volte. Nel 2021, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale ed all’interessamento di tanti cittadini, è stato riconosciuto Luogo del Cuore del FAI.
A cura di Ileana Tozzi

2023-10-06T11:36:22+00:0017 Febbraio 2022|

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