Complesso abbaziale di San Salvatore Maggiore

Colligite quæ superaverunt fragmenta ne pereant (Giovanni 6, 12)

Il caso dell’abbazia di San Salvatore Maggiore, una destructio moderna.

Il complesso abbaziale di San Salvatore Maggiore, che Ildefonso Schuster seguito dalla storiografia locale ritenne fondato alla metà dell’VIII secolo sulle rovine di una villa rustica di epoca romana, si sviluppa a 821 metri di altitudine sull’altopiano del Letenano per un’area di oltre 4.000 m² intorno al chiostro su cui si aprono gli edifici monastici ed officinali protetti a occidente da due solidi torrioni. La chiesa ad aula basilicale si trova all’esterno, affiancata a sud dalla torre campanaria.

Carlo Magno insignì San Salvatore  Maggiore, insieme con Farfa, del titolo imperiale, riconosciuto da papa Stefano II e confermato in seguito da Ludovico II.

Dopo la distruzione subita da parte dei Saraceni nell’891 la ricostruzione durò fino al 974 quando l’abbazia di nuovo ricca e potente estendeva la sua influenza e le sue proprietà dagli Abruzzi alle Marche, fino a Roma.

Tra XIII e XIV secolo, si succedettero numerosi abati senza che nessuno riuscisse a consolidare il proprio stato fin quando Clemente V da Poitiers conferì l’incarico, non senza sospetto di simonia, all’abate Bonus Johannes.

Quando si rese necessario intensificare il pagamento di ingenti tributi in moneta sonante ed in servitia alla Camera Apostolica, i vassalli dei castelli si ribellarono ponendo l’assedio all’abbazia.

L’incendio distrusse lo scriptorium, la biblioteca e l’archivio, la chiesa fu profanata e saccheggiata. Fallito il primo tentativo di riordino dopo i torbidi che coinvolsero gli abitanti dei castelli, Clemente V indisse un concistoro ed affidò l’esecuzione della sentenza a Napoleone Orsini, coadiuvato dai vescovi dei Marsi e di Valva, nominando protettore dell’abbazia il re di Napoli Carlo II d’Angiò.

Il declino dell’abbazia era così incominciato.

Nel 1373, da Avignone, Gregorio XI conferì all’abate di San Lorenzo fuori le mura l’incarico di ispezionare l’abbazia di San Salvatore Maggiore e provvedere alla riforma.

Nel 1399, quando papa Innocenzo VII assegnò a San Salvatore Maggiore un abate commendatario.

Un secolo più tardi, Alessandro VI unì in perpetuo le abbazie di Farfa e di San Salvatore Maggiore; quest’ultima fu adibita più tardi ad ospitare il Seminario inizialmente istituito a Toffia. Dopo la creazione della diocesi di Poggio Mirteto che nel 1841 riconduceva sotto l’autorità di un vescovo i territori nullius diœcesis di Farfa e di San Salvatore e fino alla costituzione In  altis Sabinæ montibus che nel 1921 ne ridisegnava i confini, l’abbazia sul Letenano fu utilizzata come casa di vacanze per gli studenti dei Seminari di Poggio Mirteto e di Rieti. Nel 1910, Ildefonso Schuster fu l’ultimo, illustre visitatore che poté ammirare l’aula basilicale di San Salvatore Maggiore nella sua integrità.

Il complesso abbaziale fu lesionato dal terremoto di Avezzano e le autorità civili e religiose chiesero ed ottennero il finanziamento di un ingente intervento di restauro malamente condotto dal Genio Civile con gravi, irreparabili conseguenze condannando di fatto San Salvatore Maggiore ad una condizione di degrado perdurata fino all’ultimo quarto del XX secolo quando dopo alterne vicende fu acquisita dal Comune di Concerviano.

I documenti d’archivio, le scarne fonti materiali scampate al degrado costituiscono il repertorio che a tutt’oggi consente di avviare il processo virtuoso dal frammento al contesto contribuendo ad un riassetto filologicamente corretto dell’antica basilica benedettina.  A cura di Ileana Tozzi.

2023-09-28T09:17:43+00:0028 Settembre 2023|

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